Come nasce la capacità di
comunicare? Raramente ci si rende conto di quanto importante sia il rapporto
madre bambino nei processi di apprendimento e quindi anche nella comunicazione.
La madre da al bambino cure per le
esigenze fisiologiche e inoltre gli permette di vivere numerose esperienze affettive e relazionali.
L’interpretazione di queste esperienze
sarà interiorizzata dal bambino
ed utilizzata come base per le esperienze future e come base per il linguaggio. La comunicazione è definita come: trasmettere, partecipare, collegare[3].;il significato linguistico del termine è quello di uno scambio di informazioni
mediante l’uso di uno o più linguaggi verbale, non verbale, iconico, musicale
ecc.. tra un emittente e un ricevente; ciò presuppone la
presenza di almeno due persone impegnate a comunicare. La comunicazione è
costituita da diversi elementi[4]:
l’emittente
ovvero la fonte della comunicazione e delle informazioni che devono essere
trasmesse. Egli sceglie anche il modo in cui queste informazioni saranno
trasmesse all’interlocutore;il ricevente colui che accoglie il messaggio, lo decodifica lo interpreta;
il codice parole parlate o scritte, comportamento, azione ecc.. utilizzati per costituire il messaggio. I codici che possono essere utilizzati sono: quello verbale, paraverbale, non verbale. Per verbale si intendono il lessico, le parole effettivamente dette e per anni questo codice di comunicazione è stato il più studiato ma si riferisce ad un livello molto superficiale della comunicazione. Il codice paraverbale fa riferimento al tono, al ritmo, al volume e agli accenti della comunicazione essi possono stravolgere il significato percepito di un messaggio verbale. Infine la componente maggiore della comunicazione è ottenuta con il codice non verbale. Esistono molti studi riguardo gli aspetti non verbali della comunicazione; da essi è stato evidenziato come sia possibile comunicare con lo sguardo, la postura, il tono della voce. Albert Mehrabian[5], psicologo statunitense, nel 1972 condusse uno studio tutt’oggi valido, col quale ha constatato che in un’interazione verbale nell’uomo, l’incidenza totale del messaggio è per il 93% di tipo non verbale, a dispetto del restante 7% di tipo verbale. La comunicazione non verbale non sostituisce quella verbale ma la integra e ne da significato, si può dire che è ciò che ci differenzia dalle macchin. Non a caso gli animali comunicano prevalentemente con un linguaggio non verbale. In ambito di linguaggio non verbale per quanto riguarda l’uomo dobbiamo considerare le espressioni facciali. L’uomo è capace di numerose espressioni facciali grazie al complesso sistema muscolare del viso. Se vediamo una persona arrabbiata, l’espressione del suo volto ci comunica immediatamente il suo stato d’animo[7], la fronte sarà corrucciata con occhi non completamente aperti e labbra serrate; esiste una connessione diretta tra ciò che viene mostrato con quello che cha dentro, ovvero ciò che la persona ci vuol comunicare. Così, mentre con il linguaggio verbale è più facile mentire, con quello non verbale risulta più difficile. Paul Ekman[8] scrisse di un esperimento condotto su Mary, una casalinga. A colloquio con il medico ella disse che: “se la cavava bene con i suoi problemi” ma analizzando il filmato dell’incontro si notò una leggera scrollata di spalla, una mazza rotazione della mano su quell’affermazione, un chiaro segno di parziale verità. Questo a dimostrazione che le numerose possibilità comunicative dell’uomo spesso non concordano, intenzioni e verità non sempre hanno la stessa direzione.
E' necessario introdurre anche il concetto di rumore[9] ovvero elementi ambientali e non che possono interferire durante la trasmissione del messaggio e mutare la diffusione del corretto contenuto. La dispersione nell’ambiente, la presenza di altri segnali nello stesso canale influiscono sul rapporto segnale/rumore che deve essere sempre superiore a zero per arrivare al ricevente. Comunicare resta un fatto essenziale per l’essere umano, un bisogno imprescindibile poiché l’uomo è un essere comunicante per sua natura. Il semplice linguaggio verbale ovvero l’uso di regole grammaticali, fonemi, grafemi ecc.. non può pertanto essere sufficiente ad esplicare la vera natura della comunicazione umana essa va inquadrata nella più amplia panoramica delle relazioni umane quindi ha una natura molto complessa. [10]Comunicare è essenziale per la dichiarazione e il soddisfacimento dei propri bisogni di natura sociale come quelli di appartenenza ad un gruppo, contribuisce alla costruzione della nostra identità ed è guida per le nostre azioni. Essa si sviluppa entro le nostre comunità in conformità con i nostri contesti culturali, ambientali ed organizzativi. Se due persone comunicano dovranno necessariamente utilizzare un codice comune per capirsi e per far si che il messaggio sia decodificato e capito. Se parlo in italiano in Cina, molto probabilmente il messaggio che sto diffondendo non sarà decodificato e di conseguenza capito. Comunicare quindi assume anche il significato di condividere dei contenuti e le regole che li sottendono. Quando comunichiamo provochiamo effetti sul nostro interlocutore entrando in un processo di influenze reciproche tra chi partecipa alla comunicazione in atto. Grazie alla comunicazione, inoltre, i pensieri sono tramutati in parole e le parole in azioni. Nessun tipo di comunicazione è dunque neutro essa provoca azioni ed effetti sui partecipanti. La comunicazione può dunque essere rappresentata con un approccio semiotico che la vede come: significazione intesa come la capacità di attribuire significati ad un codice. In questo tipo di approccio sono dunque importanti le rappresentazioni mentali e il segno che non ha rapporto col la realtà ma concretizza un concetto. Esso è inteso come un indizio da cui trarre conseguenze presupponendo l’esistenza di modelli mentali nati in base a cultura, esperienza, interazione sociale. Un altro approccio alla comunicazione a livello più complesso è quello pragmatico che si riconduce al significato non tanto delle parole ma a quello della comunicazione non verbale descritta in precedenza. Paul Watzlawick[11] diceva che comunque ci si sforzi, non si può non comunicare. L'attività o l'inattività, le parole o il silenzio hanno tutti valore di messaggio: influenzano gli altri e gli altri, a loro volta, non possono non rispondere a queste comunicazioni e in tal modo comunicano anche loro. Egli si occupa della pragmatica della comunicazione ovvero di come essa influenza il comportamento ed è influenzata dall’ambiente in cui avviene. L’osservatore deve rendersi conto dell’intricato intreccio di tutti i fattori della comunicazione tra cui contesto, situazione sociale, inquadrando la scena da una più ampia angolazione. All’interno della comunicazione sono state identificate cinque proprietà che si basano sulle sue implicazioni interpersonali; queste proprietà sono definite come assiomi.
Primo
assioma: l’impossibilità di non comunicare. L’intero comportamento delle
persone è considerato comunicativo per cui chi assume una postura di chiusura
con testa bassa, braccia e gambe incrociate e occhi chiusi pur non parlando ci
sta comunicando che non vuole interagire.
Secondo
assioma: livello di contenuto e livello di relazione. Ogni atto comunicativo ha
al suo interno una parte di informazione (il messaggio, la notizia da
condividere) e una parte che impone un comportamento che definisce come il
messaggio deve essere assunto e che quindi definisce la relazione tra i partecipanti.
Questo aspetto non viene quasi mai dichiarato apertamente anzi pare che a una
relazione aperta, spontanea e sana corrisponda un aspetto relazionale che passa
sullo sfondo. Che relazione esiste allora tra messaggio e l’aspetto
relazionale?
1.
Disaccordo sia
sul contenuto sia sulla relazione;
2.
Accordo sul
contenuto ma con relazione negativa;
3.
Disaccordo
sul contenuto ma con relazione positiva;
4.
Accordo sul
contenuto e sulla relazione.
Solitamente il disaccordo sul contenuto si
manifesta con obiezioni verbali o segnali del corpo come
distanziandosi dall’interlocutore; il disaccordo sulla relazione si manifesta
con il non voler più avere altre interazioni con l’altro che sta comunicando.
Terzo assioma: la punteggiatura della sequenza
di eventi. Dall’esterno si considera la comunicazione come una sequenza
ininterrotta di scambi. In realtà sono sequenze costituite da stimoli e
risposte ad essi. Ogni
soggetto interpreta lo scambio comunicativo vedendo il proprio comportamento
causato dal comportamento dell’altro e mai come causa della reazione
dell’altro.
Quarto assioma: comunicazione numerica e
analogica. La comunicazione umana si riferisce agli oggetti in modo numerico
con una assegnazione simbolica, si riferisce al linguaggio verbale correlato al
contenuto della comunicazione; o in modo analogico con una rappresentazione
riferita al linguaggio non verbale
correlato alla relazione. L’uomo è l’unico essere vivente ad utilizzare
entrambe i moduli per comunicare con i suoi simili. La discordanza dei due moduli può
essere fonte di processi comunicativi disfunzionali.
Quinto assioma: interazione simmetrica o
complementare. Simmetrica se un parlante si rispecchia nell’altro;
complementare se completa il comportamento dell’altro. In questo caso un
soggetto assume una posizione one-up (superiore)
e l’altro lo completa con una posizione one-down
(inferiore). Il determinarsi di queste posizioni può essere dovuto a contesti
culturali o sociali come ad esempio madre/figlio, insegnante/allievo.
Un’altra distinzione pertinente alla pragmatica
della comunicazione che si riferisce prettamente alla dimensione del potere
interpersonale è quella di Erwin Goffman[13]
sulla base di una metafora teatrale di scena e retroscena. Chiunque si trovi in
una situazione comunicativa ha la tendenza a fornire una immagine di sé
adeguata alla situazione e all’impressione che intende dare di sé dunque si
cala in una parte teatrale, in un ruolo. Questo comportamento è poi abbandonato
quando l’attore in questione non ha più pubblico. Un esempio può essere: una
scena professionale con in retroscena la comunità dei colleghi di lavoro che a
sua volta implica una messa in scena rispetto a cui la famiglia è il suo
retroscena e così via. Possiamo dire che nessuno è libero da ogni ruolo.
Dal punto di vista sociologico la comunicazione è espressione e prodotto della
società da cui è prodotta. Le regole con le quali essa è prodotta non possono prescindere dal
contesto nel quale si crea lo scambio comunicativo. Dal punto di vista
psicologico essa è uno scambio relazionale che si rapporta con l’individuo e il
gruppo. Diventa fondamento per la costruzione dell’identità dei soggetti crea e
mantiene i legami tra persone e ne definisce la natura delle loro relazioni. La
comunicazione definisce il sé e l’altro.
Alcuni studiosi ritengono che tramite la
comunicazione i soggetti giocano con se
stessi e con la propria identità. Essere in comunicazione significa che tramite
essa gli individui alimentano la rete di relazioni in cui sono immersi.
Questo avvolte genera conflitti
interpersonali. Una comunicazione inadeguata fra le persone può essere caratterizzata da stili comunicativi aggressivi o di tipo passivo. Chi adotta uno stile aggressivo riesce ad imporre
sugli altri le proprie esigenze senza considerare quelle altrui, ma rischia attraverso questa modalità
comunicativa, di innescare una conflittualità cui può seguire una condizione di
stress perché il conflitto può determinare risposte di attacco o fuga. Al contrario chi utilizza uno stile comunicativo passivo non sarà in grado di esprimere le
proprie esigenze questa è un’altra fonte di stress poiché la persona subisce la
situazione con una sensazione di perdita di controllo sulla situazione stessa. Quindi
utilizzare prevalentemente uno o l'atro stile comunicativo può portare ad alti
livelli di stress. Esiste una terza via ovvero acquisire l'abilità di comunicare in
modo assertivo[14]. Adottare uno stile
assertivo significa saper esprimere le proprie intenzioni, esigenze, obiettivi,
nel rispetto di quelle degli altri. Nelle
relazioni interpersonali occorre essere chiari nell’esporre i concetti e i
contenuti del messaggio. Quando questo è poco chiaro, quando non si ha un forte
senso sé e degli obiettivi precisi da
porre al proprio interlocutore, questi inevitabilmente sarà confuso e l’incertezza genera stress da
entrambe le parti. La comunicazione
efficace permette di dare nuova
prospettiva alle relazioni ampliandole. Essa fornisce una sorta di empowerment[15] o potenziamento della rete
sociale permettendo di essere più
efficaci. Ogni
nostro pensiero, ogni idea, ogni sogno generato dalla mente e comunicato attraverso il linguaggio
crea il mondo in cui il soggetto vive, ne determina le relazioni e i livelli di
stress. I feedback che si
ottengono con la comunicazione potranno rafforzare l’autostima; essa contribuisce attraverso la reciprocità e il
rispecchiamento a migliorare la
relazione con l’altro. La comunicazione assertiva si può
considerare come un metodo di
interazione che si ottiene attraverso :
Un comportamento partecipe attivo e
non in contrapposizione con l’altro.Un atteggiamento responsabile, caratterizzato da piena fiducia in sé e negli altri.
Un comportamento funzionale per l’affermazione dei propri diritti senza negare i diritti e l’identità dell’altro.
La capacità di comunicare i propri sentimenti in maniera chiara e diretta e onesta senza manifestare aggressività o essere minacciosi verso l’altro.
Ciò non è sempre possibile poiché una
bassa autostima e la scarsa fiducia in se stessi unite ad un
cattivo apprendimento di comportamenti sociali per rispecchiamenti di
condotte errate in ambito familiare generano ansia e depressione.
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scritto da Paola Turrini, il testo contiene parti con diritti d'autore riservati; per il loro utilizzo anche parziale contattare direttamente l'autore paola@spazio-fitness.it
[1] Bruno M. Mazzara, Giovanna Leone, Mauro Sarrica “La psicologia sociale: Processi
mentali, comunicazione e cultura”, Gius.Laterza & Figli Spa, 2013;
[2] Valeria
Ugazio, “La costruzione della
conoscenza. L'approccio europeo alla cognizione del sociale”, FrancoAngeli,
Milano, 2005;
[3] Sergio
Fantini, Livia Vecci “ nuovo dire”
dizionario della lingua italiana;
Raffaello Editrice 2009;
[4] De Blasi Vincenzo, Manca Maura,
Vitale Andrea “ Introduzione alla psicologia” ; Alpes Italia 2010;
[6] Karl Ritter von Frisch (Vienna, 20
novembre 1886 –
Monaco di Baviera, 12 giugno 1982) è stato un biologo austriaco,
insignito del Premio Nobel in Fisiologia e Medicina nel 1973;
Di Lorenzo Cantoni,Nicoletta Di Blas “ Comunicazione. Teoria e
pratiche”, Apogeo
Editore, 2006;
[7] Paul Ekman, Wallace V. Friesen, “Giù la maschera. Come riconoscere le emozioni dall'espressione del
viso”, Giunti Editore, 2007;
[9] G. Di
Pierantonio, “ La comunicazione interpersonale”, centro studi OPE, collana
sicurezza lavoro numero 7, edizioni Fag, Milano, 1997;
[10]
Valter Borellini “ comunicare
per formare, informare e coordinare”; Calzetti Mariucci 2012;
[11] Paul Watzlawick, J. H. Beavin, D. D. Jackson
“Pragmatica
della comunicazione umana. Studio dei modelli interattivi, delle patologie e
dei paradossi”; collana psiche e coscienza, Astrolabio ubaldini, 1971;
[12]
Benedetto Benedetti “ la relazione educativa nel gruppo”, Liguori editore,
Napoli, 2003;
[14]
Domenico di Lauro “ manuale di comunicazione
assertiva”; Xenia edizioni e servizi, Milano 2011;
[15] Di Assunto
Quadrio,Daniela Pajardi “La
società ri-pensata”, Edra s.p.a., Milano, 2016;
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