giovedì 7 dicembre 2017

l'allenamento, questo sconosciuto........

L’universo fitness negli ultimi anni è stato decisamente coinvolto (e sconvolto) dai grandi cambiamenti portati dal web, relativamente all’informazione e alla comunicazione.
Parlando di web voglio sottolineare che si tratta di uno strumento e come tale non lo si può definire buono o cattivo oppure giusto o sbagliato, ma ciò che conta è l’uso che se ne fa.
In ambito fitness l’avvento del web ha portato sicuramente ad una maggiore informazione e divulgazione, che ha consentito al settore di espandersi e di diventare una realtà presente e conclamata; d’altro canto, proprio per sua natura, la rete ha dato la possibilità a chiunque di accedere alla comunità virtuale diffondendo una miriade di informazioni riguardanti programmi di allenamento, metodologie, tipologie di esercizi, programmi alimentari e quant’altro. Tale situazione denota che:

  • ·         chiunque di noi può pubblicare video, foto o programmi di allenamento;
  • ·         chiunque di noi può visionare tale materiale e prendere spunto da esso;
  • ·         chiunque di noi può emulare o sperimentare gli allenamenti che si trovano in     rete.


Cosa c’è di male in questo? Nulla, ma proviamo a farci alcune domande:

  • ·         chi visiona tali pubblicazioni e decide di provare da autodidatta ha la capacità di capire se un certo tipo di allenamento è adatto alle sue esigenze e caratteristiche?
  • ·         Ha la capacità di eseguirlo correttamente?
  • ·         Conosce la teoria dell’allenamento, la gestione dei tempi, dell’intensità, delle pause, ecc?


Le domande potrebbero andare avanti all’infinito e portano ad una risposta: ogni allenamento deve essere fatto su misura, in base alle caratteristiche personali di ciascun individuo; non ci sono formule magiche o chissà quali trovate, ma alla base c’è un trainer competente e capace. Inoltre, questa leggerezza rischia di sminuire il lavoro e le competenze del trainer stesso, che ricordiamoci, è un professionista che ha investito e continua ad investire tempo, denaro, passione ed energia nella sua professione.
Il fatto di possedere un programma di allenamento o programma alimentare non ci autorizza a divulgarlo a chiunque, per due importanti motivi: il primo per rispetto del lavoro di un professionista, il secondo per il rischio dovuto al fatto che non possiamo essere certi che il nostro programma sia adatto ad altri, soprattutto quando riguarda l’alimentazione, che tiene conto di parametri personali molto importanti (es: intolleranze, allergie, patologie, ecc.) e che come tali vanno trattati con cautela e con le dovute competenze.

A presto e grazie!



Dr Davide Trespidi

martedì 14 novembre 2017


( dalla tesi di Laurea della Dr. Paola Turrini)
I CENTRI SPORTIVI E STRESS

 Sport e stress

Cos'è l'attività fisica? Durante un esercizio fisico l’organismo si adatta a nuove e maggiori richieste metaboliche, la risposta neuroendocrina all’attività fisica produce: un aumento della sintesi della serotonina e del sistema delle endorfine per tollerare lo sforzo fisico intenso e il dolore lasciando una sensazione di benessere dopo l’esecuzione dell’esercizio fisico risposta acuta all’esercizio fisico)[1]. Per questo motivo dopo un workout siamo pervasi da una sensazione di benessere generale. A livello psicologico è come se fossimo maggiormente soddisfatti di noi stessi. A lungo andare (risposta cronica all’esercizio fisico) gli adattamenti prodotti si traducono in una riduzione dei livelli di depressione[2] (Morgan WP, Human Kinetics 1994)[3], aumento della memoria ecc.. La serotonina è nota anche come "ormone del buonumore”, essa costituisce un precursore della melatonina quindi contribuisce alla regolazione del sonno-veglia, controlla l'appetito e il comportamento alimentare  poiché favorisce  l’insorgenza veloce del  senso di sazietà. Ecco perché  molte persone che lamentano un calo dell'umore ad esempio in una depressione pre-mestruale, sentono il  bisogno di ingerire dolci ricchi di carboidrati semplici e cioccolato. La serotonina inoltre stimola la contrazione della muscolatura liscia dei bronchi (favorendo la respirazione e quindi l’ossigenazione dei tessuti) e della vescica ( favorendo la diuresi e la depurazione); è anche coinvolta nel controllo  delle relazioni sociali  in quanto bassi livelli di serotonina sembrano collegati a comportamenti aggressivi e antisociali[4]. Alti livelli di serotonina inducono euforia, senso di aumentata socialità ed autostima. Ritengo inoltre importante parlare delle  endorfine[5]; esse sono sostanze chimiche prodotte dal cervello e dotate di una potente attività analgesica ed eccitante. La loro azione è simile alla morfina e ad altre sostanze oppiacee; le endorfine sono coinvolte: nella regolazione del ciclo mestruale, nella secrezione di altri ormoni (come GH, ACTH, prolattina ecc..) e nella regolazione del sonno. Il rilascio delle endorfine avviene in particolari circostanze ad esempio proprio durante l'attività fisica. In situazioni stressanti, il nostro organismo cerca di difendersi, rilascia endorfine che aiutano a sopportare meglio il dolore e influiscono positivamente sullo stato d'animo donano gratificazione. Un corretto esercizio fisico[6] costante aiuta ad equilibrare anche la secrezione di ormoni legati allo stress come l’adrenalina e il cortisolo (già definito come l’ormone dello stress). Quando la quantità di stress è notevole e supera la capacità, da parte delle surrenali, di recuperare, allora si verifica il cosiddetto ipocortisolismo che si manifesta con varie problematiche, come l’ipoglicemia, dolori articolari o fibromialgia (dovuta alla mancanza dell’effetto antiinfiammatorio del cortisolo), allergie, malattie autoimmuni e infezioni respiratorie dovute ad alterazioni della risposta immunitaria; si evince così come uno stress, anche di origine psichica, possa avere notevoli influenze sulla salute.

L’attività sportiva, aumenta il tono muscolare, riduce il grasso in eccesso, migliora la flessibilità delle articolazioni, elimina tramite il respiro le tossine ed altro ancora, in questa sede vorrei sottolineare anche gli aspetti positivi dello sport sulla salute psichica. L’organizzazione mondiale della sanità (OSM), nel World Health Report del 2002[7] afferma che l’attività fisica permette di conseguire un well-being, ovvero riduce ansia e stress attraverso le sopra citate variazioni fisiologiche e i contatti sociali prevenendo isolamento e malattie.  Lo sport aiuta a riprendere il controllo della propria vita, a ritagliarsi un momento per se stessi mentre si è impegnati a gestire i frenetici ritmi quotidiani. Fare sport implica il porsi degli obiettivi che ci fanno essere più fiduciosi e aumentano la sensazione di autoefficacia per questo è importante scegliere l’attività adeguata in base alle proprie inclinazioni poiché l’attività fisica non deve essere vissuta come un’imposizione ma come un piacere affinché consegua dei risultati positivi.



[1] Jack Wilmore - David L. Costill “Fisiologia dell’esercizio fisico e dello sport”; Edizione italiana a cura di P. Bellotti e F. Felici; Calzetti e Mariucci editore 2005;
[2] John Arden “Il cervello felice”, Sperling & Kupfer, Segrate, Milano, 2016;
[3] Janet Buckworth, Phillip Tomporowski,” Exercise Psychology”, Human Kinetics, Champaign USA,2013;
[4] Edoardo giusti, Maria Cristina Gori,”Il primissimo cervello SomatoPsichico”, Sovera Edizioni,Roma, 2016;
[5] Goffredo Fortunio, Costanzo Moretti, “Elementi di endocrinologia applicata allo sport”, Società Stampa Sportiva, 1999;
[6] Francesco Peluso Cassese, “Attività Motorie. Fondamenti psicofisiologici”,GAIA srl, Edizioni Universitarie, Roma, 2012;
[7] S. Di Nuovo,Giovanni Sprini,” Teorie e metodi della psicologia italiana: tendenze attuali”, FrancoAngeli, Milano, 2008;

mercoledì 18 ottobre 2017

LA PROGRAMMAZIONE DELL'ALLENAMENTO




Buongiorno a tutti sono Davide, nella programmazione degli allenamenti capita spesso che le persone non sappiano bene cosa vogliono o dove vogliono arrivare; affermazioni come: “devo dimagrire”, “voglio diventare definito”, “ho bisogno di tonificarmi” sono degli esempi di quanta confusione ci sia nella testa di ognuno di noi. Infatti tali affermazioni sono molto generiche e non esprimono effettivamente ciò che si vuole ottenere; oppure capita di non sapere di preciso cosa si vuole, ma di saper esattamente cosa non si vuole: ”non voglio più ingrassare”,  “non voglio essere così magro”.


Tali situazioni rischiano di trasformarsi in scarsi risultati e in ulteriore perdita tempo e di energie in quanto, se non ci sono dei precisi obiettivi diventa difficile programmare un allenamento efficace. Per sopperire a questa mancanza è necessario avvalersi della collaborazione di istruttori competenti e che sappiano programmare un corretto allenamento, come se fosse un vestito su misura; quindi, oltre ad avere competenze tecniche, il trainer deve saper gestire una corretta programmazione degli obiettivi, avvalendosi, ad esempio, di tecniche di coaching, che rappresentano il modo più efficace per raggiungere i risultati.


Vuoi sapere qualcosa di più sul coaching, ti va di raccontarmi come ti stai allenando?   Scrivimi, ti ascolterò volentieri.
Dr.Davide Trespidi - personal trainer


Alla prossima, ciao e grazie!

mercoledì 10 maggio 2017

LO STRESS CI FA AMMALARE, ( SECONDA PARTE)




La parola stress di derivazione inglese è stato argomento di studio per numerosi anni, Cannon fu tra i primi studiosi ad identificare lo stress come delle modificazioni fisiologiche causate dalla percezione di una minaccia o di condizioni avverse. Ricevuto il segnale di un percolo che rompe l’omeostasi del sistema,  il corpo si prepara all’attacco o alla fuga attraverso l’attivazione del sistema nervoso simpatico e parasimpatico. In quest’ottica lo stress non è del tutto dannoso perché attiva i campanelli di allarme che ci fanno prontamente rispondere alle avversità. Quando diventa dannoso? Se questa reazione di allarme si protrae nel tempo lo stress provoca tali modificazioni che influiscono sul sistema neuroendocrino, ipotalamo ecc.. creando a cascata risposte fisiologiche non salutari. Hans Seyle identificò lo stress come una risposta non specifica dell’organismo a ogni richiesta effettuata da esso. Seyle individua la risposta generale di adattamento allo stress GAS divisa in tre fasi:

FASE DI ALLARME: la presenza di un evento considerato minaccioso ( stressor) provoca le prime modificazioni: aumento della tensione muscolare,  dilatazione delle pupille, aumento del livello di attivazione; è come se il corpo cercasse tutte le risorse disponibili al suo interno per far fronte al pericolo rilevato.

FASE DI RESISTENZA: l’organismo cerca di ripristinare l’omeostasi resistendo allo stressor; questa fase ha una durata maggiore della precedente.

FASE DI ESAURIMENTO: se lo stressor persiste l’organismo non riesce più a fronteggiare la situazione a causa delle numerose energie utilizzate, si indebolisce e si genera un continuum tra fisiologia e patologia; è in questa fase che possono sorgere delle vere e proprie patologie dalla ritenzione idrica al cancro.

Gli stimoli che possono generare stress possono essere Esogeni o Endogeni ovvero possono nascere da fonti all’interno o all’esterno di noi; questo determina  l’attivazione della via nervosa del sistema adrenosimpatico o l’attivazione della via endocrina sull’asse ipotalamo-ipofisi-surrenale. In quest’ultimo asse L’ACTH  ( ormone adrenocorticotropo) tramite il flusso sanguigno agisce sulla corteccia surrenale determinando il rilascio dei glicorticoidi tra i quali il cortisolo definito come l’ormone dello stress.

Come agisce il cortisolo, cosa provoca?

Alterazioni del ritmo sonno veglia con difficoltà nell’addormentarsi, sonno non riposante e conseguenti disturbi derivanti dal dover affrontare la giornata senza un buon riposo notturno alle spalle;

Alterazioni del sistema immunitario con la propensione ad ammalarsi di più; raffreddori, infezioni ecc…;

Aumento del Grasso corporeo poiché il metabolismo non riesce a sfruttare a pieno le energie introdotte col cibo e utilizza con difficoltà il metabolismo dei grassi;

Stanchezza, sensazione di essere sempre stanchi indipendentemente dall’attività fatta;

Difficoltà di digestione, diarrea o stipsi, secchezza della pelle, problemi di calo di desiderio sessuale, depressione, desiderio di cibi ad alto contenuto di zuccheri  ecc…

In sostanza un eccesso di cortisolo nel sangue inficia su ogni aspetto della nostra vita, cambia il corpo dall’interno in modo così potente da modificarne la forma.

Scritto da Dr. Paola Turrini, tutti i diritti sono riservati all’autore.

mercoledì 3 maggio 2017

COMUNICARE MEGLIO PER VIVERE MEGLIO, PERCHE'?


Come nasce la capacità di comunicare? Raramente ci si rende conto di quanto importante sia il rapporto madre bambino nei processi di apprendimento e quindi anche nella comunicazione. La madre da al bambino  cure per le esigenze fisiologiche e inoltre gli permette di vivere  numerose esperienze affettive e relazionali. L’interpretazione di queste esperienze  sarà  interiorizzata dal bambino ed utilizzata come base per le esperienze future e come base per il linguaggio. La comunicazione è definita come: trasmettere, partecipare, collegare[3].;il significato linguistico del termine è quello di uno scambio di informazioni mediante l’uso di uno o più linguaggi verbale, non verbale, iconico, musicale ecc.. tra un emittente e un ricevente; ciò  presuppone la presenza di almeno due persone impegnate a comunicare. La comunicazione è costituita da diversi elementi[4]:
 l’emittente ovvero la fonte della comunicazione e delle informazioni che devono essere trasmesse. Egli sceglie anche il modo in cui queste informazioni saranno trasmesse all’interlocutore;
 il ricevente colui che accoglie il messaggio, lo decodifica lo interpreta;
il codice parole parlate o scritte, comportamento, azione ecc.. utilizzati per costituire il messaggio. I codici che possono essere utilizzati sono: quello verbale, paraverbale, non verbale. Per verbale si intendono il lessico, le parole effettivamente dette e per anni questo codice di comunicazione è stato il più studiato ma si riferisce ad un livello molto superficiale della comunicazione. Il codice paraverbale fa riferimento al tono, al ritmo, al volume e agli accenti della comunicazione essi possono stravolgere il significato percepito di un messaggio verbale. Infine la componente maggiore della comunicazione è ottenuta con il codice non verbale. Esistono molti studi  riguardo gli aspetti non verbali della comunicazione; da essi è stato evidenziato come sia possibile comunicare con lo sguardo, la postura, il tono della voce.  Albert Mehrabian[5], psicologo statunitense, nel 1972 condusse uno studio tutt’oggi valido, col quale ha constatato  che in un’interazione verbale nell’uomo, l’incidenza totale del messaggio è per il 93% di tipo non verbale, a dispetto del restante 7% di tipo verbale. La comunicazione non verbale non sostituisce quella verbale ma la integra e ne da significato, si può dire che è ciò che ci differenzia dalle macchin. Non a caso gli animali comunicano prevalentemente con un linguaggio non verbale.  In ambito di linguaggio non verbale per quanto riguarda l’uomo dobbiamo considerare le espressioni facciali. L’uomo è capace di numerose espressioni facciali grazie al complesso sistema muscolare del viso. Se vediamo una persona arrabbiata, l’espressione del suo volto ci comunica immediatamente il suo stato d’animo[7], la fronte sarà corrucciata con occhi non completamente aperti e labbra serrate; esiste una connessione diretta tra ciò che viene mostrato con quello che cha dentro, ovvero ciò che la persona ci vuol comunicare. Così, mentre con il linguaggio verbale è più facile mentire, con quello non verbale risulta più difficile. Paul Ekman[8] scrisse di un esperimento condotto su Mary, una casalinga. A colloquio con il medico ella disse che: “se la cavava bene con i suoi problemi” ma  analizzando il filmato dell’incontro si notò una leggera scrollata di spalla, una mazza rotazione della mano su quell’affermazione, un chiaro segno di parziale verità. Questo a dimostrazione che le numerose possibilità comunicative dell’uomo spesso non concordano, intenzioni e verità non sempre hanno la stessa direzione.
E' necessario introdurre anche il concetto di rumore[9] ovvero elementi ambientali e non che possono interferire durante la trasmissione del messaggio e mutare la diffusione del corretto contenuto. La dispersione nell’ambiente, la presenza di altri segnali nello stesso canale influiscono sul rapporto segnale/rumore che deve essere sempre superiore a zero per arrivare al ricevente. Comunicare resta un fatto essenziale per l’essere umano, un bisogno imprescindibile poiché l’uomo è un essere comunicante per sua natura. Il semplice linguaggio verbale ovvero l’uso di regole grammaticali, fonemi, grafemi ecc.. non può pertanto essere sufficiente ad esplicare la vera natura della comunicazione umana essa va inquadrata nella più amplia panoramica delle relazioni umane quindi ha una natura molto complessa. [10]Comunicare è essenziale per la dichiarazione e il soddisfacimento dei propri bisogni di natura sociale come quelli di appartenenza ad un gruppo, contribuisce alla costruzione della nostra identità ed è guida per le nostre azioni. Essa si sviluppa entro le nostre comunità in conformità con i nostri contesti culturali, ambientali ed organizzativi. Se due persone comunicano dovranno necessariamente utilizzare un codice comune per capirsi e per far si che il messaggio sia decodificato e capito. Se parlo in italiano in Cina, molto probabilmente il messaggio che sto diffondendo non sarà decodificato e di conseguenza capito. Comunicare quindi assume anche il significato di condividere dei contenuti e le regole che li sottendono. Quando  comunichiamo provochiamo effetti sul nostro interlocutore entrando in un processo di influenze reciproche tra chi partecipa alla comunicazione in atto. Grazie alla comunicazione, inoltre, i pensieri sono tramutati in parole e le parole in azioni. Nessun tipo di comunicazione è dunque neutro essa provoca azioni ed effetti sui partecipanti. La comunicazione può dunque essere rappresentata con un approccio semiotico che la vede come: significazione  intesa come la capacità di attribuire significati ad un codice. In questo tipo di approccio sono dunque importanti le rappresentazioni mentali e il segno che non ha rapporto col la realtà ma concretizza un concetto.  Esso è inteso come un indizio da cui trarre conseguenze presupponendo l’esistenza di modelli mentali   nati in base a cultura, esperienza, interazione sociale. Un altro approccio alla comunicazione a livello più complesso è quello pragmatico che si riconduce al significato non tanto delle parole ma a quello della comunicazione non verbale descritta in precedenza. Paul Watzlawick[11] diceva che comunque ci si sforzi, non si può non comunicare. L'attività o l'inattività, le parole o il silenzio hanno tutti valore di messaggio: influenzano gli altri e gli altri, a loro volta, non possono non rispondere a queste comunicazioni e in tal modo comunicano anche loro. Egli si occupa della pragmatica della comunicazione ovvero di come essa influenza il comportamento ed è influenzata dall’ambiente in cui avviene. L’osservatore deve rendersi conto dell’intricato intreccio di tutti i fattori della comunicazione tra cui contesto, situazione sociale, inquadrando la scena da una più ampia angolazione. All’interno della comunicazione sono state identificate cinque proprietà che si basano sulle sue implicazioni interpersonali; queste proprietà sono definite come assiomi.

Primo assioma: l’impossibilità di non comunicare. L’intero comportamento delle persone è considerato comunicativo per cui chi assume una postura di chiusura con testa bassa, braccia e gambe incrociate e occhi chiusi pur non parlando ci sta comunicando che non vuole interagire.

Secondo assioma: livello di contenuto e livello di relazione. Ogni atto comunicativo ha al suo interno una parte di informazione (il messaggio, la notizia da condividere) e una parte che impone un comportamento che definisce come il messaggio deve essere assunto e che quindi definisce la relazione tra i partecipanti. Questo aspetto non viene quasi mai dichiarato apertamente anzi pare che a una relazione aperta, spontanea e sana corrisponda un aspetto relazionale che passa sullo sfondo. Che relazione esiste allora tra messaggio e l’aspetto relazionale?

1.   Disaccordo sia sul contenuto sia sulla relazione;

2.   Accordo sul contenuto ma con relazione negativa;

3.   Disaccordo sul contenuto ma con relazione positiva;

4.   Accordo sul contenuto e sulla relazione.

Solitamente il disaccordo sul contenuto si manifesta  con obiezioni  verbali o segnali del corpo come distanziandosi dall’interlocutore; il disaccordo sulla relazione si manifesta con il non voler più avere altre interazioni con l’altro che sta comunicando.

Terzo assioma: la punteggiatura della sequenza di eventi. Dall’esterno si considera la comunicazione come una sequenza ininterrotta di scambi. In realtà sono sequenze costituite da stimoli e risposte ad essi. Ogni soggetto interpreta lo scambio comunicativo vedendo il proprio comportamento causato dal comportamento dell’altro e mai come causa della reazione dell’altro.

Quarto assioma: comunicazione numerica e analogica. La comunicazione umana si riferisce agli oggetti in modo numerico con una assegnazione simbolica, si riferisce al linguaggio verbale correlato al contenuto della comunicazione; o in modo analogico con una rappresentazione riferita al linguaggio non verbale  correlato alla relazione. L’uomo è l’unico essere vivente ad utilizzare entrambe i moduli per comunicare con i suoi simili. La discordanza dei due moduli può essere fonte di processi comunicativi disfunzionali.

Quinto assioma: interazione simmetrica o complementare. Simmetrica se un parlante si rispecchia nell’altro; complementare se completa il comportamento dell’altro. In questo caso un soggetto assume una posizione one-up (superiore) e l’altro lo completa con una posizione one-down (inferiore). Il determinarsi di queste posizioni può essere dovuto a contesti culturali o sociali come ad esempio madre/figlio, insegnante/allievo.

Un’altra distinzione pertinente alla pragmatica della comunicazione che si riferisce prettamente alla dimensione del potere interpersonale è quella di  Erwin Goffman[13] sulla base di una metafora teatrale di scena e retroscena. Chiunque si trovi in una situazione comunicativa ha la tendenza a fornire una immagine di sé adeguata alla situazione e all’impressione che intende dare di sé dunque si cala in una parte teatrale, in un ruolo. Questo comportamento è poi abbandonato quando l’attore in questione non ha più pubblico. Un esempio può essere: una scena professionale con in retroscena la comunità dei colleghi di lavoro che a sua volta implica una messa in scena rispetto a cui la famiglia è il suo retroscena e così via. Possiamo dire che nessuno è libero da ogni ruolo.

Dal punto di vista sociologico la  comunicazione è espressione e prodotto della società   da cui è prodotta. Le regole con le quali essa è prodotta non possono prescindere dal contesto nel quale si crea lo scambio comunicativo. Dal punto di vista psicologico essa è uno scambio relazionale che si rapporta con l’individuo e il gruppo. Diventa fondamento per la costruzione dell’identità dei soggetti crea e mantiene i legami tra persone e ne definisce la natura delle loro relazioni. La comunicazione definisce il sé  e l’altro. Alcuni  studiosi ritengono che tramite la comunicazione  i soggetti giocano con se stessi e con la propria identità. Essere in comunicazione significa che tramite essa gli individui alimentano la rete di relazioni in cui sono immersi. Questo  avvolte genera conflitti interpersonali.  Una comunicazione inadeguata fra le persone può essere caratterizzata  da stili comunicativi  aggressivi o di tipo passivo. Chi adotta uno stile aggressivo riesce ad imporre sugli altri le proprie esigenze senza considerare quelle altrui,  ma rischia attraverso questa modalità comunicativa, di innescare una conflittualità cui può seguire una condizione di stress perché il conflitto può determinare risposte di attacco o fuga. Al contrario chi utilizza uno stile comunicativo passivo non sarà in grado di esprimere le proprie esigenze questa è un’altra fonte di stress poiché la persona subisce la situazione con una sensazione di perdita di controllo sulla situazione stessa. Quindi utilizzare prevalentemente uno o l'atro stile comunicativo può portare ad alti livelli di stress. Esiste una terza via ovvero acquisire l'abilità di comunicare in modo assertivo[14]. Adottare uno stile assertivo significa saper esprimere le proprie intenzioni, esigenze, obiettivi, nel rispetto di quelle degli altri. Nelle relazioni interpersonali occorre essere chiari nell’esporre i concetti e i contenuti del messaggio. Quando questo è poco chiaro, quando non si ha un forte senso sé e degli obiettivi  precisi da porre al proprio interlocutore, questi inevitabilmente  sarà confuso e l’incertezza genera stress da entrambe le parti. La comunicazione  efficace permette di dare nuova  prospettiva alle relazioni ampliandole. Essa fornisce una sorta di empowerment[15] o potenziamento della rete sociale  permettendo di essere più efficaci.  Ogni nostro pensiero, ogni idea, ogni sogno generato dalla  mente e comunicato attraverso il linguaggio crea il mondo in cui il soggetto vive, ne determina le relazioni e i livelli di stress. I  feedback che si ottengono con la comunicazione potranno rafforzare l’autostima; essa  contribuisce attraverso la reciprocità e il rispecchiamento a migliorare la  relazione con l’altro. La comunicazione assertiva si può considerare  come un metodo di interazione che si ottiene attraverso :
Un comportamento partecipe attivo e non in contrapposizione con l’altro.
Un atteggiamento responsabile, caratterizzato da piena fiducia in sé e negli altri.
Un comportamento  funzionale per l’affermazione dei propri diritti senza negare i diritti e l’identità dell’altro.
La capacità di comunicare i propri sentimenti in maniera  chiara e diretta e onesta senza manifestare aggressività o essere minacciosi verso l’altro.

Ciò non è sempre possibile poiché una bassa autostima e la scarsa fiducia in se stessi  unite ad un  cattivo apprendimento di comportamenti sociali per rispecchiamenti di condotte errate in ambito familiare generano ansia e depressione.
Per approfondire meglio questi temi abbiamo creato un piccolo corso di cinque serate nelle quali sarà possibile conoscere e saper utilizzare le regole basilari della comunicazione per applicarle alla propria vita quotidiana e migliorare i rapporti interpersonali. per saperne di più guarda sulla nostra pagina facebook: https://www.facebook.com/Spazio-Fitness-società-sportiva-dilettantistica-191590410855847/ oppure contatta: davide@spazio-fitness.it
scritto da Paola Turrini, il testo contiene parti con diritti d'autore riservati; per il loro utilizzo anche parziale contattare direttamente l'autore paola@spazio-fitness.it



[1]  Bruno M. Mazzara, Giovanna Leone, Mauro Sarrica “La psicologia sociale: Processi mentali, comunicazione e cultura”, Gius.Laterza & Figli Spa, 2013;
[2] Valeria Ugazio, “La costruzione della conoscenza. L'approccio europeo alla cognizione del sociale”, FrancoAngeli, Milano, 2005;
[3] Sergio Fantini, Livia Vecci “ nuovo dire”  dizionario della lingua italiana;  Raffaello Editrice 2009;
[4] De Blasi Vincenzo, Manca Maura, Vitale Andrea “ Introduzione alla psicologia” ; Alpes Italia 2010;
[5] Albert Mehrabian “ Non verbal comunication”, Aldine, 2007;
[6] Karl Ritter von Frisch (Vienna, 20 novembre 1886Monaco di Baviera, 12 giugno 1982) è stato un biologo austriaco, insignito del Premio Nobel in Fisiologia e Medicina nel 1973;
Di Lorenzo Cantoni,Nicoletta Di Blas “ Comunicazione. Teoria e pratiche”, Apogeo Editore, 2006;
[7] Paul Ekman, Wallace V. Friesen, “Giù la maschera. Come riconoscere le emozioni dall'espressione del viso”, Giunti Editore, 2007;
[8] Paul Ekman “ I volti della menzogna”, Giunti, Firenze, Milano, 2011 seconda edizione;
[9] G. Di Pierantonio, “ La comunicazione interpersonale”, centro studi OPE, collana sicurezza lavoro numero 7, edizioni Fag, Milano, 1997;
[10] Valter Borellini “ comunicare per formare, informare e coordinare”; Calzetti Mariucci 2012;
[11] Paul Watzlawick, J. H. Beavin, D. D. Jackson “Pragmatica della comunicazione umana. Studio dei modelli interattivi, delle patologie e dei paradossi”; collana psiche e coscienza, Astrolabio ubaldini, 1971;
[12] Benedetto Benedetti “ la relazione educativa nel gruppo”, Liguori editore, Napoli, 2003;
[13] Ugo Volli “Il nuovo libro della comunicazione. Che cosa significa comunicare: idee, tecnologie, strumenti, modelli”, Il Saggiatore, Milano, 2010 seconda ristampa;
[14] Domenico di Lauro “ manuale di comunicazione assertiva”; Xenia edizioni e servizi, Milano 2011;
[15] Di Assunto Quadrio,Daniela Pajardi “La società ri-pensata”, Edra s.p.a., Milano, 2016;